Il corpo della materia di Maurizio Sciaccaluga

Il corpo della materia di Maurizio Sciaccaluga

(estratto da catalogo antologico edito da MAN, Nuoro, 1999)

Antonio Secci lascia momentaneamente la Sardegna, per trasferirsi a Milano, nel 1966, spinto in questa scelta da due artisti che ha conosciuto sull’isola: Gianni Dova e Guy Harloff, i quali, colpiti dalle qualità pittoriche del giovane, appena ventiduenne, lo invitano a trasferirsi nella metropoli.

Nel 1967 avviene l’incontro, importantissimo e casuale, con Roberto Crippa, di cui diviene il principale collaboratore. Anche Crippa, artista già famoso, con all’attivo partecipazioni alla Biennale di Venezia e personali presso gallerie allora decisamente importanti, crede fermamente nelle capacità dell’artefice sardo, tanto che gli dedicherà uno scritto di presentazione e, nel 1970, firmerà con lui due Composizioni.

Dal 1972, il segno con cui Secci esplora i confini bidimensionali del quadro comincia a subire la minaccia e il condizionamento del supporto di quel corpus materico che in precedenza sottometteva. Infatti, nelle Vibrazioni (1973) e negli Spazi espansivi (1974) il fondo cromatico a volte ha la stessa presenza e tangibilità fisica delle diagonali che lo attraversano.

Dal 1972 al 1974 l’artista sardo, perfettamente integrato a Milano, rimette in discussione anche il modo con cui prima creava vibrazioni e moto all’interno dell’area pittorica. Il movimento altalenante e centrifugo è sostituito da una forza vorticosa e centripeta che, conservando la completa attenzione dentro il quadro, devia quel cammino spazialista intrapreso anni prima al momento di lasciare la Sardegna. Ed è una svolta che, seppure semplicisticamente, può essere interpretata anche in chiave popular.

Le costruzioni lineari del 1973 e 1974 sono importanti sia perché introducono nel lavoro quell’idea di cesura, taglio, interruzione che ha monopolizzato la ricerca durante gli ultimi venticinque anni, sia perché, trasformano la dicotomia segno/materia in un confronto violento tra superfici.

Una rivoluzione a 180° si compie nella ricerca di Secci intorno al 1974: la texture superiore, non più lo sfondo, diviene maggiormente corposa e pesante e la coltre che copre i fondali, sulla quale si aprono le fenditure, appare molto più ponderosa e massiccia dell’area che riveste. Nell’aprile del 1976 l’artista è invitato a tenere un’importante mostra personale presso il Museè Municipal de Saint Paul de Vence, dove espone numerosi Squarci che rinunciano alla rappresentazione dello strappo traumatico per consentire la realizzazione di una contrapposizione geometrica tra una vasta area e taluni inserti di forma regolare.

Secci è ora interessato all’aspetto architettonico dell’edificazione artistica, tanto che mette da parte la drammatizzazione per evidenziare, con stile concretista, l’aspetto progettuale della ricerca. Studia le possibilità della costruzione modulare, esegue sempre cesure regolari, vaglia le capacità espressive di colori timbrici e accesi. La messa in scena di una tensione, di una dialettica tragica, è però concepimento decisamente più affine alle qualità liriche dell’artista e presto, pur non abbandonando mai completamente queste composizioni geometriche, che tornano nella produzione fino alla fine degli anni Novanta, privilegerà chiaramente questo tipo di elaborazione.